Per il Consorzio il Biologico, realtà associativa che raggruppa 160 tra le aziende protagoniste del bio italiano, si tratta di una posizione falsa, che rivela un modo di ragionare e di produrre che va contro la sostenibilità ambientale e il futuro del pianeta, e non solo delle sue produzioni agricole. Il biologico, con i suoi valori, conoscenze e pratiche, è invece uno dei rimedi e delle soluzioni alle situazioni di crisi.
“La crisi e le tensioni sul mercato mondiale agroalimentare e in particolare quello dei cerali, non sono dovute a una produzione insufficiente e tanto meno sono imputabili al biologico”, chiarisce Massimo Monti presidente del Consorzio. In primo luogo perché la crisi è dovuta al blocco di milioni di tonnellate di grano ucraino, fermate dall’assedio russo dei porti. Secondariamente pesano gli effetti della guerra anche in termini di difficoltà di approvvigionamento energetico, del conseguente rincaro dei costi delle materie prime, di trasporti e distribuzione in un quadro di instabilità delle relazioni internazionali. Tutto questo si ripercuote anche nel settore agroalimentare. Per onestà intellettuale bisogna riconoscere come, anche prima della guerra, il problema della fame del mondo non dipendesse certo dall’indisponibilità di beni alimentari, ma da una lunga e complessa serie di fattori, politici ed economici, che vedono un mondo diviso in due estremi tra l’enorme spreco alimentare dei paesi ricchi e il mancato accesso ai beni di prima necessità nei paesi più poveri.
“Sono questioni politiche e non agronomiche che non hanno a che fare con il bio”, aggiunge Paolo Pari, vicepresidente del Consorzio “al contrario il biologico ha sempre mirato a un obiettivo di sostenibilità di lungo periodo”. Usare fertilizzanti organici e non chimici significa non inquinare e rispettare le risorse del suolo, dell’acqua, dall’aria. Preoccuparsi della biodiversità e fare in modo di garantirla anche nell’agricoltura significa preservare l’equilibrio degli ecosistemi. La sensibilità e le richieste dei cittadini in tanti paesi del mondo, vanno in questa direzione e pian piano anche le politiche: vedi gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delineata dall’ONU, o la strategia Farm to Fork varata dall’Unione Europea”.
“Il consiglio che possiamo dare a chi crede ancora nel modello della chimica in agricoltura,” concludono Monti e Pari, “è quello di studiare il biologico e favorirne la diffusione con risorse, ricerca e innovazione, rendendo così le produzioni agroalimentari più sostenibili. Un mondo più sostenibile anche nelle produzioni in campagna può certamente essere più pronto a prevenire ed affrontare situazioni di emergenze e crisi globali come quelle che stiamo vivendo con la guerra e la pandemia”.